Aylan - La Festa. Prima parte

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    Ay contò quasi cento persone alla festa: cento persone che l’avrebbero vista, quella notte. Ma entro l’alba saranno troppo ubriachi, troppo stanchi o troppo stupidi per ricordarsi la mia faccia.
    Grumi di folla continuavano a entrare nel salone che tuttavia sembrava ancora semivuoto, fra le colonne sottili che reggevano il tetto di legno e di paglia. I flauti e le arpe dei musicanti stridevano sopra le voci, e il battito delle percussioni le martellava il cranio. Lo stesso lei si mantenne impettita, stretta fra i nodi dell’abito verde smeraldo, le mani infilate fra le pieghe.
    Questo non è il mio ambiente. Ad ogni passo, le bacchette che reggevano i capelli in un complesso nodo grattavano dietro il collo, ma soprattutto il tintinnio continuo delle catenelle d’oro degli orecchini di giada copriva in parte i passi intorno a lei. Ay camminava fra il chiacchericcio dei gruppetti raccolti attorno alle tavole stracariche di cibo. L’aria sapeva di carne arrostita e bruciata, di incenso e oppio.
    Poi una mano le sfiorò la spalla, e lei si girò.
    «Chiedo scusa, signora…?» Il giovane le sorrise dietro la barbetta imbalsamata; reggeva un bicchiere di bronzo in mano. «Mi scuso se ti seguo da un po’, ma mi sembra strano vedere una ragazza così sola alla mia festa.» Indossava una tunica di cotone grigioazzurro e sopra reggeva con il braccio libero un mantello leggero, appena più scuro. Sui bordi del mantello si alternavano linee verde e oro, i colori della famiglia.
    «Mi chiamo Aylan, primogenita della famiglia Vesther.» Lo guardò neutra e calcò l’accento. «La vostra festa, avete detto?»
    «In realtà, la festa è stata indetta da mio padre. Per i suoi… accordi.» Scrollò le spalle e sorrise. «Mi chiamo Taloq, e come avrai già capito sono figlio dei DaRoe. Piacere di conoscertì, Aylan.»
    Figlio terzogenito dei DaRoe, hai dimenticato di dire. «Il piacere è mio.» Fece un mezzo inchino, le catenelle degli orecchini tintinnarono. «Anche la mia è una famiglia di mercanti, Vesther è il nome della nostra nave. E io… non avevo mai partecipato ad una festa oltre una spiaggia, così lontano dal mare.»
    «Non siamo poi così lontani dal mare, Aylan.» Bevve un sorso. «Dunque non avete una fissa dimora, giusto?»
    «Vesther è la nostra dimora, se è questo che intendi.»
    «Capisco.» Taloq risucchiò quel che restava del bicchiere e le gote si imporporirono. «Devi aver girato molto il mondo, allora. Io… beh, non ho mai corso con un cavallo fuori dai territori di Navira, in verità.» Rise e abbandonò il bicchiere sulla tavola.
    «Ho visto tutti i porti di quella che per voi è la Rotta degli Speziali, da Navira a Jorai.» Modulò un tono più deciso – più fiero. «Posso raccontarveli… se volete.»
    Uno stridio dei flauti squarciò l’aria sopra il brusio delle voci e i musicanti dal fondo del salone avviarono un pezzo più frenetico. Ay contorse il volto in una smorfia. Taloq le afferrò una mano, con gli occhi arrossati. «Se questa confusione ti infastidisce, posso portarti in un posto più… silenzioso.»
    Sei già ubriaco, ragazzo? Lei sfilò via la mano. «Questo… mi farebbe molto piacere, grazie.» Di nuovo fece un mezzo inchino, le mani congiunte. Perfetto.
    Seguì Taloq fino ad un portone rettangolare a due ante. Le due guardie ai lati si impettirono, con le mani all’impugnatura delle corte mazze flangiate, mentre lui faceva scattare un chiavistello nella serratura.
    Oltre la porta camminarono in un ampio corridoio, su delle assi di legno non più coperte dai tappeti, che cigolavano ai loro passi. Alcune lampade di bronzo si alternavano ai lati ma gettavano ampie zone d’ombra fra i pilastri lungo il muro.
    «La tua famiglia commercia spezie, hai detto?» Nonostante il lento passo barcollante, Taloq teneva il mento alto nella penombra. «Interessante. Se vuoi, domattina potrò parlarne a mio padre, fargli il vostro nome. Il tuo nome.»
    Ay lo sfiorava appena, e assunse un tono altezzoso. «La mia famiglia porta da sempre spezie, tessuti e rifornimenti da Navira a questa città, e alle isole a Sud fino alla Città di Giada. Sì… sarebbe un buon accordo.»
    Lui sorrise sardonico. «Ma tu, Aylan, non mi sembri una ragazza di Jorai.»
    «Mia madre al tempo era una ragazza di questa città, la figlia di uno scriba.» Ay non cambiò espressione. «Ma io ho sempre vissuto sulle navi.»
    «Capisco.» Si fermarono ad una porta e lui la aprì, le fece cenno di entrare. «Prego, amica mia. La mia camera è come la tua.»
    Per la prima volta Ay sorrise. Sono gentili gli uomini di questa città.»
    Dentro, in un braciere crepitava un fuoco appena acceso, da una pentola sospesa al di sopra si levava un intenso vapore di capapa. Ay entrò in quell’odore pungente: accanto al letto, carico di pellicce e di cuscini, era posta su un tavolino una brocca piena.
    Taloq le mise una mano sulla spalla e da lì la carezzò fino alla pelle del collo. «Scommetto che non avete camere del genere sulle navi.»
    Ay mantenne il tono altezzoso, ma abbassò la voce. «Nelle navi non teniamo la pietra o il fuoco libero.» Prese un altro respiro, che le appesantì gli occhi e la testa dietro la fronte. «Né stanze così grandi.»
    Lui rise. «Aspettami qui.» Barcollò fino ad una stanzetta attigua, dove nella penombra il vapore saliva da una vasca di legno: si piegò su un baule li accanto.
    Ay gli diede le spalle. Sciolse i nodi della veste cerimoniale: non la tolse, ma sfilò via la tavoletta di cera e lo stilo che le cinghie legavano alla vita, e li mise sullo scrittoio della stanza. Dalla tasca interna della veste sfilò sia la piccola boccetta che il fazzoletto, e piegata in avanti verso il liquido sulla stoffa.
    Poi sorrise di nuovo verso di lui, non appena Taloq rientrò nella stanza in una veste di seta viola, aperta sul petto fino alla vita.
    Con il fiato corto Taloq si sdraiò sul letto: il fuoco della stanza si rifletteva sugli occhi lucidi, le pupille dilatate – mentre Ay respirava solo dalla bocca o quasi. Le fece cenno di venire, la schiena dritta sopra la massa di cuscini. «Vieni qui, Aylan. Questa notte è durata troppo.»
    Lei lo raggiunse e prese un altro respiro del vapore di canapa: la vista si annebbiò, le tempie pulsarono. «Non avete invece paura che duri troppo poco?» Fece scivolare l’abito dalle spalle, fino a reggerlo con i gomiti all’altezza dei fianchi; il petto rimase fasciato dalla sottoveste di seta, fatta di bende semitrasparenti che si incrociavano sui seni.
    Le narici di Taloq si allargavano e contraevano di continuo. «Vieni. Sono stanco di aspettarti.» Il pomo si alzò e si abbassò. «Fin dal primo momento ho visto che hai una bellissima voce… e non solo.»
    Ay si mise a cavalcioni su di lui, che le afferrò un seno: le mozzò il fiato la stretta delle dita, ruvide per i calli di una spada o delle redini. Si morse un labbro, poi sorrise. «Non volete prima giocare, mio signore?»
    «Dammi del tu.» La sua voce divenne più ruvida. «Di che gioco parli, Aylan?»
    Scostò con delicatezza la mano dal petto. «Ti farò vedere, amico mio.» Sfilò di nuovo il fazzoletto dalla tasca e, già intinto del liquido della boccetta, lo immerse in una delle coppe di vino.
    Si piegò avanti, e con due dita dischiuse le labbra di Taloq: strizzò un rivolo del liquido sul mento, attorno alla bocca, poi nella gola. «Ti piace, amico mio?» Modulò una voce suadente e lui annuì, per poi deglutire mentre la seguiva con uno sguardo curioso. Ay lasciò cadere una goccia prima su un occhio, poi sull’altro. Respirò a fondo.
    Taloq sobbalzò, stretto fra le sue gambe, inarcò il corpo contro il materasso e la massa di cuscini. Emise un raico mugolio e rivoli di bava schiumarono agli angoli della bocca, mentre artigliava i bordi del letto per uno, due, tre respiri. Ebbe un’altra convulsione, e alcuni cuscini caddero a terra; poi lasciò la presa e chiuse gli occhi, il mento reclinato su una spalla.
    Ay premette entrambe le mani sul petto: respirava ancora, un fioco sibilo che stava tornando regolare – il battito soltanto accellerato. Con una spinta si rimise in piedi e si rigettò la veste sulle spalle. Sganciò gli orecchini, assieme alla boccetta li mise nella tasca interna avvolti nel fazzoletto umido. E sospirò.
    Mentre stringeva i nodi, il crescente respiro roco di Taloq la fece rabbrividire. Non ricorderà nulla di stasera… come nessuna persona normale. Lo carezzò fra i capelli sudati, sfiorò la fronte con le labbra. Buonanotte, amico mio.
    Riallacciò la tavoletta sotto la veste e uscì dalla stanza.

    Nota dell'Autore. Ho iniziato questo racconto non appena ho cominciato un nuovo gioco di ruolo con i miei brigadieri: lo scopo era affrescare il carattere e la vita del mio personaggio - Ay, appunto - nell'ambientazione che avevamo creato collettivamente. Il risultato è una breve quest (credo sia il modo più adatto per chiamarla) molto più classica della norma dei miei racconti, ma spero di dare alla fine un'impronta ben chiara del carattere di Ay. Ogni commento in tal senso (specie sui dialoghi) è benvenuto.

    Una piccola (e più egoistica)
    Nota del Vivisettore. Nei prossimi giorni mi occupo finalmente del pezzo di Keen non ancora commentato. Piuttosto, ricordo che la Terza Parte de La Città Limbo giace intonsa da tempo immemore. Buona serata.
     
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    *si schiarisce la voce* Mi sono accorta di essermi dimenticata di questo racconto, e ora che finalmente ho trovato un po’ di tempo, voglio rimediare.




    CITAZIONE
    Ay contò quasi cento persone alla festa: cento persone che

    Ma se sono quasi cento, sono novantotto o novantanove. Troppa pignoleria, lo so, però attenzione quando si usa il “quasi” ;)




    Grumi di folla continuavano ---> “grumi” mi pare brutto, anche perché evoca piccoli gruppi. In tal caso, secondo me meglio optare per un più classico “folti gruppi di persone” o “gruppi compatti di folla”. In pratica, dipende da cosa intendi: gruppi grandi o piccoli?




    che tuttavia sembrava ancora semivuoto ---> metti una virgola anche all’inizio, suona meglio.





    Lo stesso lei si mantenne impettita ---> lei si mantenne comunque impettita



    Ad ogni ---> “d” eufonica




    CITAZIONE
    il tintinnio continuo delle catenelle d’oro degli orecchini di giada copriva in parte i passi intorno a lei.

    Il tintinnio degli orecchini addirittura sovrasta i passi di quasi cento persone? O-o
    Che razza di catene sono? Forse dovresti precisare che Ay è così agitata che sente più il tintinnio delle catenelle dei suoi orecchini che non i passi della gente attorno a lei.




    Poi una mano le sfiorò la spalla, ---> Io comincerei la frase direttamente con: Una mano le sfiorò la spalla…




    CITAZIONE
    e sopra reggeva con il braccio libero un mantello leggero

    Sopra cosa? Porta il mantello sulle spalle? Perché detto così sembra che lo regga in mano.




    e calcò l’accento. ---> Quale? Un accenno geografico più preciso? Anche se è un mondo fantastico, sarebbe opportuno.




    ad una festa ---> zacchete!



    Sono gentili gli uomini di questa città.» ---> piccolo refuso, mancano le virgolette di apertura.




    un fuoco appena acceso ---> un fuoco acceso da poco




    capapa ---> volevi dire “canapa”, intesa come droga?




    CITAZIONE
    la tavoletta di cera e lo stilo che le cinghie legavano alla vita,

    Confesso che non ho capito la funzione di questa tavoletta e dello stilo: in che modo reggono il vestito? Se è cera, a contatto col calore del corpo può sciogliersi.




    CITAZIONE
    Si piegò avanti, e con due dita dischiuse le labbra di Taloq: strizzò un rivolo del liquido sul mento, attorno alla bocca, poi nella gola.

    Questo però è un espediente un po’ troppo telefonato. O meglio: è poco credibile che lui sia così gonzo da non farsi venire neanche il minimo sospetto. Vabbe’, è sbronzo fradicio, però un seppur lieve dubbio dovrebbe venirgli.




    CITAZIONE
    Taloq sobbalzò, stretto fra le sue gambe, inarcò il corpo contro il materasso e la massa di cuscini. Emise un raico mugolio e rivoli di bava schiumarono agli angoli della bocca, mentre artigliava i bordi del letto per uno, due, tre respiri.

    Lei dovrebbe bloccargli le braccia in qualche modo. In una situazione reale, lui avrebbe tentato di tirarle un pugno per liberarsi.




    accellerato. ---> refuso


    Il racconto è scritto bene, ci sono solo delle piccolezze da sforbiciare qua e là. Solo che… è prevedibile. Avevo già capito cosa stava per succedere nell’istante in cui Ay incontra Taloq.
    Nelle prossime puntate, spero di vedere un maggior sviluppo della personalità della protagonista.

    As usual, buon lavoro, ciao!
     
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    Okay, finalmente mi sono deciso a rispondere. In realtà anche se ho finito il racconto mi sono convinto (come spesso succede) che non funzionava a dovere, per un pezzo di questa prima parte (vedi dopo), e per tutta la seconda parte centrale, che avrei pubblicato in seguito. Insomma, lo sto riscrivendo e come spesso succede ne sto generando uno molto più lungo...
    Ma ad ogni modo:

    CITAZIONE
    Grumi di folla continuavano ---> “grumi” mi pare brutto, anche perché evoca piccoli gruppi. In tal caso, secondo me meglio optare per un più classico “folti gruppi di persone” o “gruppi compatti di folla”. In pratica, dipende da cosa intendi: gruppi grandi o piccoli?

    Sì, significa appunto "piccoli gruppi", preferisco mantenere questa forma perché lascia trasparire - al pari dei pensieri ed espressioni che precedono e seguono - il disprezzo di Ay per l'ambiente.

    CITAZIONE
    CITAZIONE
    il tintinnio continuo delle catenelle d’oro degli orecchini di giada copriva in parte i passi intorno a lei.

    Il tintinnio degli orecchini addirittura sovrasta i passi di quasi cento persone? O-o
    Che razza di catene sono? Forse dovresti precisare che Ay è così agitata che sente più il tintinnio delle catenelle dei suoi orecchini che non i passi della gente attorno a lei.

    Posto che non ho mai portato degli orecchini in vita mia, sono abbastanza sicuro che se qualcosa tintinna accanto alle orecchie il rumore si senta anche nella folla.

    CITAZIONE
    CITAZIONE
    la tavoletta di cera e lo stilo che le cinghie legavano alla vita,

    Confesso che non ho capito la funzione di questa tavoletta e dello stilo: in che modo reggono il vestito? Se è cera, a contatto col calore del corpo può sciogliersi.

    Due/tre cose.

    Ho riletto più volte la frase e, onestamente, non capisco da cosa nasca il fraintendimento - cioè che cinghia e stilo "reggano" (verbo non usato) la veste (che Ay peraltro non toglie, detto esplicitamente): semplicemente, sono le cinghie che legano tavoletta e stilo sotto la veste... come scritto nella frase riportata.

    Non ne so molto, ma dubito che basti il calore corporeo per sciogliere una tavola cerata, visto com'erano usate nell'antichità e quante ne sono rimaste pressoché intatte tutt'ora.
    In ultimo, se non si capisce la funzione della tavola... beh, significa che almeno parte del "perché" di Ay non è così prevedibile :asd: dacché si vedrà nelle puntate seguenti.

    CITAZIONE
    CITAZIONE
    Si piegò avanti, e con due dita dischiuse le labbra di Taloq: strizzò un rivolo del liquido sul mento, attorno alla bocca, poi nella gola.

    Questo però è un espediente un po’ troppo telefonato. O meglio: è poco credibile che lui sia così gonzo da non farsi venire neanche il minimo sospetto. Vabbe’, è sbronzo fradicio, però un seppur lieve dubbio dovrebbe venirgli.

    In realtà, è abbastanza diffusa ergo considerata "normale" la pratica di usare alcolici o anche cibi come pratica erotica - credo che contribuisca l'essere di fuori, visto che è una cosa che mi lascia abbastanza basito. (Tieni conto che Ay pensa al liquido come "liquido", ma Taloq non l'ha vista versare la boccetta e lo considera vino) La pratica ha un nome e compare in una scena credo abbastanza famosa, ma glisserei sui link anche perché infrangerei io stesso una regola o due.

    Comunque è da riscrivere questa parte della scena visto che è irrealistico, credo, che una sostanza convulsivante abbia effetto quasi immediato. Mi spiego, io in tutta la vita ho ricevuto quattro anestesie totali, peraltro in endovena, e tutte hanno necessitato di un po' di tempo; ergo ho realizzato che un liquido versato in bocca non può colpire subito.

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    Taloq sobbalzò, stretto fra le sue gambe, inarcò il corpo contro il materasso e la massa di cuscini. Emise un raico mugolio e rivoli di bava schiumarono agli angoli della bocca, mentre artigliava i bordi del letto per uno, due, tre respiri.

    Lei dovrebbe bloccargli le braccia in qualche modo. In una situazione reale, lui avrebbe tentato di tirarle un pugno per liberarsi.

    Forse sono stato poco chiaro. Quei gesti non sono perché lui diventa improvvisamente intelligente (circa), sono gli effetti del liquido di cui sopra - che difatti porta allo svenimento.

    Bene, vedo che anche la lunghezza di questa risposta non scherza. Grazie per il commento!
     
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2 replies since 30/11/2018, 00:47   62 views
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